giovedì 27 marzo 2008

IL TRATTAMENTO FISCALE APPLICABILE AI SERVIZI RESI NELL'AMBITO CIMITERIALE

Con la risoluzione n. 376 del 29 novembre 2002, l’Agenzia delle Entrate ha avuto modo di precisare
il trattamento fiscale agli effetti dell’IVA applicabile all’attività di concessione di loculi, cappelle ed
altri manufatti nonché il regime IVA applicabile ai servizi cimiteriali posti in essere da una società
privata affidataria alla quale un comune aveva commissionato, mediante un negozio giuridico di
tipo privatistico, la realizzazione dei lavori di ampliamento di due cimiteri comunali ed, al
contempo, la gestione delle opere e dei servizi cimiteriali, quali:
- tumulazioni;
- inumazioni;
- esumazioni;
- cremazioni;
- illuminazione elettrica votiva.
Il quesito posto dalla suddetta società, aveva per oggetto una serie di problematiche sorte, in
particolare, da quando soprattutto i comuni possono esternalizzare i predetti servizi a soggetti
riconosciuti attualmente dal testo unico sull’ordinamento degli enti locali (D.Lgs. n. 267 del 2000),
quali ad esempio le aziende speciali, le società per azioni, siano esse a partecipazione pubblica
minoritaria o maggioritaria, previsti negli articoli 114, 115 e 116 del medesimo testo unico.
Invero, quest’ultimi soggetti furono istituiti con la legge n. 142 del 1990 (recante l’ordinamento
sulle autonomie locali), adesso sostanzialmente confluita nel suddetto testo unico, la quale
prevedeva all’articolo 22 che gli enti locali (comuni e province) potessero gestire i servizi pubblici,
aventi per oggetto la produzione di beni ed attività, aventi rilevanza sociale e generale attraverso
determinate forme di gestione quali:
- in economia, quando per le modeste dimensioni o per le caratteristiche del servizio non fosse
stato opportuno costituire un’istituzione o un’azienda;
- in concessione a terzi, quando sussistevano ragioni tecniche, economiche e di opportunità
sociale;
- a mezzo di aziende speciali, anche per la gestione di più servizi di rilevanza economica ed
imprenditoriale;
- a mezzo di istituzioni per l’esercizio di servizi sociali senza rilevanza imprenditoriale;
- a mezzo di società per azioni o a responsabilità limitata, qualora non fosse stata opportuna in
relazione alla natura o all’ambito territoriale del servizio la partecipazione di più soggetti
pubblici o privati.
Prima di analizzare da vicino le conclusioni a cui è pervenuta la suddetta risoluzione, risulta
opportuno sinteticamente esporre il sorgere di detti soggetti ed il trattamento tributario ad esso
applicabile, in quanto ciò è indispensabile nel comprendere l’orientamento dell’Agenzia delle
Entrate nell’interpretare la norma sulle concessioni cimiteriali del 1992.
Trattamento tributario applicabile alle aziende speciali, società per azioni
Successivamente, l’articolo 66, comma 14, del D.L. n. 331 del 1993, convertito nella legge n. 427,
ha stabilito che: “Nei confronti delle società per azioni e delle aziende speciali istituite ai sensi degli
articoli 22 e 23 della legge 8 giugno 1990, n. 142, nonché nei confronti dei nuovi consorzi istituiti a
norma degli articoli 25 e 60 della medesima legge si applicano, fino al termine del terzo anno
dell’esercizio successivo a quello rispettivamente di acquisizione della personalità giuridica o della
trasformazione in aziende speciali consortili, le disposizioni tributarie applicabili all’ente di
appartenenza.
Relativamente al termine l’articolo 70 della legge n. 549 del 1995, aveva stabilito che in ogni caso
detto termine veniva fissato al 31 dicembre 1999.
Con la risoluzione n. 81 del 2000, l’Agenzia delle Entrate ha precisato che il significato della norma
e la volontà del legislatore ad essa sottesa sono inequivocabili, nel senso quando esiste una norma
tributaria e questa risulta applicabile all’ente territoriale di appartenenza (comune), la medesima
norma può essere applicata anche all’azienda speciale, alla S.p.A. ed al consorzio. In questo e non
in altro consiste l’agevolazione introdotta dal citato articolo 66 del D.L. n. 331 del 1993.
In materia di imposte sui redditi “le disposizioni tributarie” applicabili all’ente territoriale di
appartenenza sono , inconfutabilmente, quelle contenute nell’articolo 88, primo comma, del TUIR,
il quale recita “Gli organi e le amministrazioni dello Stato, compresi, quelli ad ordinamento
autonomo, anche se dotati di personalità giuridica, i comuni, i consorzi tra enti locali, le
associazioni e gli enti gestori di demani collettivi, le comunità montane, le province e le regioni non
sono soggetti all’imposta.”.
Dunque, consistendo l’agevolazione in esame nell’applicazione alle aziende speciali e società per
azioni, ecc. delle disposizioni tributarie applicabili al comune, in materia di imposte sui redditi, si
rende possibile applicare ai medesimi soggetti quanto disposto dal citato articolo 88, i quali, quindi,
pur divenendo autonomi soggetti d’imposta nel momento in cui acquistano la personalità giuridica,
restano però esclusi dall’imposizione diretta, ovviamente per il periodo di moratoria fiscale.
Dal punto di vista dell’IVA ,invece, una norma del tenore dell’articolo 88, primo comma, appena
richiamato non esiste. Non esistendo per l’ente territoriale di appartenenza, detta norma non esiste
nemmeno nei confronti dei soggetti sopra richiamati, né è possibile una sua applicazione analogica
in campo IVA. Pertanto, alle aziende speciali, società per azioni ed aziende consortili possono
soltanto applicarsi le disposizioni tributarie, consistenti in agevolazioni ed esoneri, cui sono
assoggettati gli enti di appartenenza, risultando invece del tutto arbitrario estendere ai medesimi
soggetti gli eventuali regimi fiscali particolari di cui beneficiano gli enti locali di appartenenza in
quanto strettamente legati alla propria condizione soggettiva, ossia di soggetti che svolgono “attività
di pubblica autorità” (attività istituzionale).
Pertanto le aziende speciali, le S.p.A. ed i consorzi, come chiarito con la circolare n. 131/E del 1999
e con la risoluzione n. 135/E del 1999, devono ritenersi, invece, esonerati durante il periodo di
moratoria fiscale, dalla presentazione delle dichiarazioni periodiche IVA ai sensi del D.P.R. n. 100
del 1998, essendo esonerati, per disposizione di legge, da tale adempimento gli enti locali.
Normativa nazionale e comunitaria
L’articolo 4, quarto comma, del D.P.R. n. 633 del 1972 (che disciplina l’IVA) stabilisce, tra l’altro,
che “Per gli enti, ivi compresi quelli pubblici, che non abbiano per oggetto esclusivo o principale
l’esercizio di attività commerciali (enti non commerciali) si considerano effettuate nell’esercizio di
imprese soltanto le cessioni di beni e le prestazioni di servizi rese nell’esercizio di attività
commerciali.”
Coerentemente, l’articolo 4, paragrafo 5, della sesta direttiva CEE n. 77/388 del 17 maggio 1977,
stabilisce espressamente che gli Stati, le regioni, le province, i comuni ed altri organismi di diritto
pubblico non sono soggetti passivi di imposta per le attività ed operazioni che esercitano in quanto
pubbliche autorità.
Dal combinato disposto delle norme innanzi menzionate si può legittimamente dedurre che il
legislatore (in particolare comunitario) ha inteso escludere dall’IVA i suddetti enti pubblici per il
loro peculiare “status giuridico” che, conseguentemente non può essere trasferito in capo a soggetti
(quali aziende speciali, S.p.A. e consorzi) aventi una personalità del tutto autonoma rispetto all’ente
territoriale di appartenenza da cui promanano e natura giuridica privatistico-imprenditoriale
(risoluzione n. 81 del 2000).
Conseguentemente, per le suddette ragioni, ai fini dell’IVA, un’eventuale applicazione ai soggetti
di cui all’articolo 66 del D.L. n. 331 del 1993, dello stesso trattamento tributario riservato agli enti
territoriali di appartenenza sarebbe stato in palese contrasto con le disposizioni comunitarie.
Concetto di pubblica autorità:
Sentenza della Corte di Giustizia del 17 ottobre 1989 cause riunite nn. 231/87 e 129/88
(nozione di soggetto passivo - enti pubblici)
Per comprendere la genesi della normativa concernente le concessioni cimiteriali risulta necessario
richiamare la sentenza della Corte di Giustizia del 1989 che, nell’esaminare la questione del
trattamento IVA delle concessioni cimiteriali ha fornito un chiarimento sul concetto di soggetto
passivo e soprattutto di ciò che si debba intendere per pubblica autorità.
L’articolo 4, paragrafo 5, primo comma, della sesta direttiva (Gli Stati, le regioni, le province e gli
altri organismi di diritto pubblico non sono considerati soggetti passivi per le attività od operazioni
che esercitano in quanto pubbliche autorità, anche quando in relazione a dette attività od
operazioni, percepiscono diritti, canoni, contributi o retribuzioni), va interpretato nel senso che le
attività esercitate “in quanto pubbliche autorità” ai sensi di tale norma sono quelle svolte dagli enti
di diritto pubblico nell’ambito del regime giuridico loro proprio, escluse le attività da essi svolte in
forza dello stesso regime cui sono sottoposti gli operatori economici privati. Sono quindi escluse dal
non assoggettamento le attività svolte dagli enti pubblici non già in veste di soggetti di diritto
pubblico, bensì come soggetti di diritto privato. Spetta a ciascuno Stato membro scegliere la tecnica
normativa più appropriata per trasporre nel diritto nazionale il principio del non assoggettamento
sancito da detta norma.
Il secondo comma (Se però tali enti esercitano attività od operazioni di questo genere, essi devono
essere considerati soggetti passivi per dette attività od operazioni quando il loro non
assoggettamento provocherebbe distorsioni di concorrenza di una certa importanza.) va
interpretato nel senso che gli Stati membri sono tenuti a garantire l’assoggettamento degli enti
pubblici per le attività che svolgono in quanto pubbliche autorità allorché dette attività possono
essere del pari esercitate da privati in concorrenza con essi secondo le norme del diritto privato
oppure in base a concessioni amministrative qualora il loro non assoggettamento sia atto provocare
distorsione di concorrenza di una certa importanza.
Il terzo comma (In ogni caso, gli enti succitati sono sempre considerati come soggetti passivi per
quanto riguarda le attività elencate nell’allegato D quando esse non sono trascurabili) mira a
garantire che talune categorie di attività economiche aventi un oggetto importante ed elencate
nell’allegato D alla sesta direttiva non vengano sottratte all’IVA perché svolte da enti pubblici in
veste di pubbliche autorità, va interpretato nel senso che gli Stati membri possono esentare
dall’assoggettamento obbligatorio dette attività qualora esse siano trascurabili, ma non sono tenuti
ad avvalersi di detta facoltà. La norma non impone loro quindi l’obbligo di recepire nella loro
normativa tributaria nazionale il criterio del carattere non trascurabile inteso come condizione per
l’assoggettamento.
Un ente di diritto pubblico può invocare l’articolo 4, paragrafo 5 della sesta direttiva per opporsi
all’applicazione di una disposizione nazionale che sancisca il suo assoggettamento ad IVA per
un’attività svolta in quanto pubblica autorità che non sia elencata nell’allegato D ed il cui non
assoggettamento non sia atto provocare distorsioni di concorrenza di una certa rilevanza.
La sentenza del 17 ottobre 1989 verteva, tra le varie controversie, sull’individuazione del
trattamento IVA delle concessioni di aree e loculi cimiteriali e della cessione di accessori per loculi
cimiteriali realizzate dai comuni.In particolare la Corte è stata chiamata a pronunciarsi
sull’interpretazione da dare all’articolo 4, paragrafo 5, della sesta direttiva.
A tal riguardo, l’Organo Comunitario ha confermato che per l’applicazione dell’esenzione (esonero)
dall’IVA devono essere soddisfatte due condizioni:
A) l’esercizio di attività da parte di un ente pubblico;
B) l’esercizio d attività in veste di pubblica autorità.
Per definire quest’ultima condizione, prosegue la Corte, non è possibile fondarsi sull’oggetto o sul
fine dell’attività dell’ente pubblico, poiché questi elementi vengono presi in considerazione da altre
norme della medesima direttiva e per altre finalità.
Dall’analisi della disposizione in argomento emerge, a parere della Corte, che le modalità
dell’esercizio dell’attività consentono di determinare la portata del non assoggettamento degli enti
pubblici. Infatti, laddove tale norma subordina il non assoggettamento degli enti di diritto pubblico
alla condizione che essi agiscano “in quanto pubblica autorità”, essa esclude dal non
assoggettamento le attività da essi svolte non in quanto soggetti di diritto pubblico, bensì in quanto
soggetti di diritto privato. Per cui l’unico criterio che consenta di distinguere con certezza queste
due categorie di attività è, conseguentemente, il regime giuridico applicato in base al diritto
nazionale di ogni Stato membro.
Pertanto, gli enti di diritto pubblico di cui al suddetto articolo 4, paragrafo 5, della sesta direttiva
esercitano attività in quanto pubbliche autorità ai sensi di tale norma qualora ciò avvenga
nell’ambito del regime giuridico loro proprio; quando, invece, essi agiscono in forza dello stesso
regime cui sono sottoposti gli operatori economici privati, non si può ritenere che svolgano attività
di pubblica autorità. La scelta di qualificare l’attività in base a tale criterio spetta al giudice
nazionale.
In definitiva, si deve affermare, a parere della Corte di Giustizia, che il primo comma dell’articolo
4, paragrafo 5, della sesta direttiva deve essere interpretato nel senso che le attività esercitate “in
veste di pubbliche autorità” ai sensi di detta norma sono quelle svolte dagli enti di diritto pubblico
nell’ambito del regime giuridico loro proprio, escluse le attività da essi svolte in forza dello stesso
regime giuridico cui sono sottoposti gli operatori privati e spetta a ciascuno Stato membro scegliere
la tecnica normativa più consona per trasporre nel diritto nazionale il principio del non
assoggettamento (limitarsi a riprendere la formula o l’espressione utilizzata dalla sesta direttiva o
redigere un elenco di attività per le quali i soggetti di diritto pubblico non devono considerarsi
soggetti d’imposta.
Quindi, al fine di stabilire se l’ente pubblico svolge effettivamente un’attività di “pubblica
autorità” occorre accertare quelle che sono le modalità in cui viene svolta l’attività, ossia esse
devono concretizzarsi in atti pubblicistici-amministrativi, che ovviamente non possono essere
prerogativa di un soggetto avente natura privata.
Concessione di loculi cimiteriali (legge n. 66 del 1992) alla luce delle modifiche intervenute con
la legge n. 142 del 1990 e con il Testo Unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali (d.lgs.
n. 267 del 2000)
Con il D.L. n. 417 del 1991, convertito dalla legge n. 66 del 1992, il legislatore nel recepire la
sentenza della Corte di Giustizia del 1989, aveva disposto che “le concessioni di aree, loculi
cimiteriali e di altri manufatti per sepoltura, non costituiscono attività di natura commerciale agli
effetti dell’IVA”.
Con la risoluzione n. 376 del 2002 l’Agenzia delle Entrate ha avuto il merito di aver chiarito la
portata della suddetta disposizione in relazione alle successive leggi che hanno modificato l’assetto
gestionale dei predetti servizi resi precedentemente dagli enti locali in via esclusiva.
Infatti, nel caso prospettato nella risoluzione un comune aveva affidato ad una società
concessionaria (S.r.l.) la gestione delle aree cimiteriali e dei relativi servizi, nell’ambito di tale
attività gestionale la società concessionaria, con scritture private, cede in concessione d’uso per 99
anni i loculi cimiteriali.
Pertanto, si poneva il problema del trattamento IVA applicabile alla concessione dei loculi
cimiteriali posta in essere da un soggetto avente natura privatistica e separato dal comune.
La suddetta disposizione non distingue dal punto di vista soggettivo, sembrerebbe, quindi, anzi
avere una portata oggettiva, ossia applicabile in ogni caso a chiunque (comuni e società
concessionarie) realizzasse l’attività in argomento.
Al riguardo, l’Agenzia delle Entrate con la suddetta risoluzione ha precisato che la giurisprudenza
comunitaria (Corte di Giustizia UE), con riferimento all’interpretazione da dare all’articolo 4,
paragrafo 5 della sesta direttiva, ha previsto che il regime di non assoggettamento ad IVA
“presuppone, oltre al fatto che l’attività considerata sia esercitata in veste di pubblica autorità,
l’esercizio di tale attività sia reso da parte di ente pubblico”. Quindi, ne consegue che lo
svolgimento di una determinata attività da parte di un soggetto privato non è di per sé sufficiente ad
escluderla dall’IVA per il solo fatto di consistere nel compimento di atti che rientrano nelle
prerogative della pubblica autorità.
Sostanzialmente, vorrei aggiungere, la norma del 1990, si giustifica e si comprende unicamente
nella misura in cui viene interpretata nell’ambito temporale in cui essa si colloca; infatti, all’epoca
le concessioni cimiteriali erano rese dai comuni, soltanto successivamente (con la nascita dei
soggetti di cui alla legge n. 142 del 1990) e soprattutto attualmente con il testo unico gli enti locali
cominciano ad esternalizzare molti servizi, tra i quali anche quelli svolti nell’ambito cimiteriale.
Per cui alla luce dell’evoluzione che ha subito la normativa che concerne la gestione delle attività,
un tempo prerogativa dei comuni ed altri locali, non può più essere richiamata una disposizione
comunitaria che invece riguarda esclusivamente determinati organismi pubblici e non le società
commerciali.
In definitiva, la risoluzione ha fornito un’oggettiva e corretta interpretazione alla legge del 1992 in
linea con l’orientamento giurisprudenziale degli organi comunitari e lo sviluppo delle norme
nazionali di settore.
A tale conclusione è pervenuta, sostanzialmente, anche la risoluzione più recente emanata
dall’Agenzia delle Entrate (risoluzione n. 149 del 8 luglio 2003), la quale, infatti, ha chiarito che nel
caso di un’azienda speciale che stipula in nome e per proprio conto
Trattamento IVA applicabile ai servizi funebri
I servizi resi nell’ambito cimiteriale possono essere individuati in tre tipologie:
A) Servizi cimiteriali soggetti all’IVA se resi da soggetti privati:
a) inumazioni;
b) tumulazioni;
c) esumazioni;
d) traslazione di salme;
e) cremazioni
Tali servizi rientrano nell’ambito applicativo dell’Iva con aliquota ordinaria, risultano esclusi
soltanto nel caso in cui fossero resi dai comuni nella veste di pubblica autorità, non realizzando
il presupposto soggettivo d’imposta, ai sensi dell’articolo 4, primo comma del D.P.R. n. 633 del
1970.
B) Servizi cimiteriali soggetti all’IVA in ogni caso:
a) manutenzione delle tombe;
b) l’illuminazione elettrica con lampade votive;
c) in genere tutti gli altri servizi disciplinati da disposizioni di natura privatistica, per i quali in
assenza di specifiche disposizioni di rende applicabile l’IVA nella misura del 20%
Prestazioni cimiteriali esenti dall’IVA (Art. 10, n. 27 del D.PR. n. 633 del 1972):
a) disbrigo di pratiche e denunce municipali;
b) allestimento della camera ardente;
c) trasporto del feretro;
d) cessioni del feretro e delle corone mortuarie;
e) cerimonia funebre in chiesa.
La disposizione di esenzione ha carattere oggettivo nel senso che essa si rende applicabile a
prescindere dalla natura giuridica dei soggetti che intervengono nel rapporto tributario. Detto
orientamento è stato, peraltro, ribadito dalla circolare n. 8 del 14 giugno 1993; pertanto, anche le
prestazioni di servizi di pompe funebri rese da imprese del settore nei confronti di altre imprese
esercenti analoga attività realizzano appieno la previsione esentativa A tal riguardo con la
risoluzione 5 luglio 1989 il Ministero delle finanze ha precisato che l’esenzione si applica anche ai
contratti di appalto avente per oggetto il servizio di trasporto delle salme affidato da un comune ad
una determinata impresa e da quest’ultima a sua volta affidati ad un terzo.
Nell’ambito della previsione normativa di cui all’articolo 10, essendosi in presenza di prestazioni di
servizi e non di cessioni di beni è stato precisato con la risoluzione del 4 luglio 1984 le imprese
sono esonerate dall’obbligo del rilascio dello scontrino fiscale mediante il registratore di cassa.
Attività di cremazione resa contestualmente ai servizi funerari
In relazione alla cremazione che viene resa unitamente ai servizi funerari, si è del parere che non
possa essere richiamata un’eventuale accessorietà ai fini dell’IVA.
Ai sensi dell’articolo 12 del DPR n. 633 del 1972 le operazioni accessorie, siano esse cessioni o
prestazioni, effettuati direttamente dal cedente o prestatore ovvero per suo conto e a sue spese non
sono soggette autonomamente all’imposta, ciò significa che l’operazione accessoria segue il
medesimo trattamento tributario dell’operazione principale.
Anche se non sussiste una definizione di accessorietà occorre affermare come dalla prassi
dell’Amministrazione finanziaria si evince un concetto generale in base al quale “per accessoria si
deve intendere l’operazione che assume una posizione secondaria rispetto a quella principale ed è
collegata con quest’ultima da un nesso di condizionalità necessaria o da un nesso di funzionalità,
ossia che la stessa operazione secondaria non può prescindere dalla sussistenza dell’operazione
principale e costituire eventualmente il mezzo per fruire nelle migliori condizioni del servizio
principale.
Nel caso di specie le due operazioni sembrano del tutto autonome per la cui l’operazione che si
pensa di definire accessoria (cremazione) in verità non rappresenta una condizione necessaria o
funzionale a quella che si presume principale (servizi funerari).
Pertanto, nel pacchetto andrebbero distinte le operazioni con corrispettivi separati e fatturate con
esenzione il prezzo relativo ai servizi funerari e con aliquota del 20% quello concernente il servizio
di cremazione; in caso contrario, divenendo una prestazione complessa a fronte di un unico
corrispettivo, per un principio di carattere generale disciplinante l’imposta sul valore aggiunto, si
dovrebbe applicare l’imposta nella misura del 20%.
Costruzione degli impianti cimiteriali
L’articolo 26-bis della legge 28 febbraio 1990 n. 38, che ha convertito il decreto-legge n. 415 del
1989, come interpretato dall’articolo 1 del decreto-legge n. 417 del 1991, convertito dalla legge n.
66 del 1992, gli impianti cimiteriali, ai soli effetti dell’applicazione dell’aliquota IVA, sono stati
equiparati alle opere di urbanizzazione.
Pertanto ai contratti di appalto per la costruzione delle suddette opere si rende applicabile
l’aliquota IVA del 10%, ai sensi del numero 127-septies, parte terza, della Tabella A allegata al
D.P.R. n. 633 del 1972, il quale infatti dispone che alle prestazioni di servizi dipendenti da contratti
di appalto relativi alla costruzione degli impianti, opere di cui al 127 quinquies si applica l’aliquota
agevolata; infatti, nel numero 127-quinquies sono ricompresse, tra le altre, anche le opere di
urbanizzazione la cui cessione è soggetta alla medesima aliquota del 10%.
Risoluzione n. 149/E dell’8 luglio 2003 (IRPEG-imputazione al periodo di imposta)
Con la risoluzione n. 149/E del 2003, ultima in ordine di tempo emanata dall’Agenzia delle Entrate
in materia cimiteriale, si è precisato il trattamento fiscale, agli effetti delle imposte sui redditi,
applicabile ai corrispettivi derivanti dagli atti relativi alle concessioni d’uso cimiteriali ed in
particolare il periodo d’imposta al quale devono essere imputati.
La suddetta risoluzione ha analizzato la fattispecie inerente alla gestione delle aree cimiteriali e
relativi servizi posti in essere da un’azienda speciale costituita ai sensi del decreto legislativo n. 267
del 2000 (TUEL).
Sostanzialmente, sulla base di una convenzione tra il comune interessato, precedentemente gestore
dei suddetti beni e servizi, e l’azienda speciale quest’ultima, a decorrere dal 2003, provvede in
nome e per conto proprio a stipulare gli atti relativi alle concessioni d’uso cimiteriali (aree e
manufatti) facendo proprio i relativi corrispettivi versati dai privati.
Nella risoluzione viene chiarito che gli atti (in forma di scrittura privata) con i quali l’azienda
speciale cede in concessione d’uso beni pubblici (demaniali aggiungiamo), quali le aree e manufatti
cimiteriali, a privati per un determinato periodo di anni, possono essere equiparati, con riferimento
alla funzione che tendono ad assolvere, ad un tipico atto di concessione amministrativa, in quanto
consentono ad un soggetto privato l’esercizio di un diritto, nel fattispecie un “diritto d’uso”
determinato su dei beni pubblici generalmente sottratti alla disponibilità privata. Di fatto, a parere
dell’Agenzia, la società affidataria costituisce a favore del privato un diritto reale di godimento sulle
aree o manufatti cimiteriali.
Ai fini fiscali delle imposte sui redditi l’Agenzia ha precisato che trattasi di contratti che hanno per
oggetto cessioni a titolo oneroso, in virtù dell’equiparazione, operata dall’articolo 9, comma 5, del
TUIR che assimila alle cessioni gli atti che, a titolo oneroso, costituiscono o trasferiscono diritti
reali di godimento. In ragione di detta equiparazione la fattispecie è stata fatta rientrare nella
previsione di cui all’articolo 75, comma 2, lettera a), concernente la determinazione dell’esercizio di
competenza per i corrispettivi delle cessioni. In conclusione, i corrispettivi conseguiti a fronte
dell’attività di gestione dei beni cimiteriali posta in essere dalla azienda speciale deve considerarsi
conseguito alla data della stipula, o alla data in cui si verifica l’effetto costitutivo del diritto d’uso,
nell’eventualità che essa, dal contratto, risulta diversa o successiva a quella della stipula.

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