Primi studi sul riassetto del settore funerario in Italia
1. Effetti del mutamento del quadro normativo esistente
a) E’ prevedibile che l’AC 772 – riforma dei servizi pubblici – proceda il proprio iter parlamentare come collegato alla finanziaria. Se così fosse gli effetti sulle public utilities possono essere rilevanti, sulla base del testo noto.
b) Il parere dell’Antitrust del 23/5/2007 sulla separazione tra attività in monopolio e attività in concorrenza nel settore funerario produrrà effetti di indirizzo sulle norme in emanazione. In particolare si prevedono aggiustamenti considerevoli della impostazione già contenuta nell’AS 504, che determineranno ricadute negative soprattutto per le gestioni funebri in concorrenza del settore pubblico ([1]).
c) Prevedibilmente entro il secondo semestre del 2008 verrà approvato l’AC 1268 (concernente la cremazione) prima alla Camera e poi al Senato.
Tra gli assi portanti del provvedimento di settore AS 504 (riforma settore funerario, già anticipata in alcune regioni con leggi regionali) vi è la separazione societaria tra attività svolte in libera concorrenza e attività in cui si ha una influenza dominante per situazioni di monopolio di diritto o di fatto (nella fattispecie tra attività cimiteriali istituzionali e attività funebri e cimiteriali commerciali).
La norma è però già vigente, anche se in modo ermetico, per effetto dell’articolo 8 della L. 287/1990, come modificato dall’ articolo 11, comma 3 della L. 57/2001 ([2]).
Inoltre la normativa di settore, ove accolta nel testo presentato al Senato, prevede la separazione proprietaria tra chi gestisce servizi mortuari ed esercenti l’attività funebre, e per l’Antitrust occorrerebbe la separazione proprietaria anche tra settore funebre e cimiteriale.
Viene privilegiata la cremazione e la pianificazione dei crematori oltre che delle aree cimiteriali.
Il trasporto funebre diventa attività libero concorrenziale e la relativa privativa, oltre che essere condannata dall’Antitrust, sarà vietata dalla legge.
Le scelte politiche di fondo diventano quindi le seguenti:
1) Quali politiche mettere in campo per garantire una scelta equilibrata e “governata” fra le diverse forme di sepoltura, privilegiando l’ottica del mantenimento della funzionalità rassicurante del cimitero per la nostra società.
2) Quali strumenti gestionali utilizzare e quale livello di competizione consentire in un mercato attualmente proprio del comune come quello cimiteriale, ma che si è già aperto in ampie aree del Paese (soprattutto al Centro e al Sud e Isole) a nuove forme gestionali private (project financing). Sono pure da valutare gli effetti dei cambiamenti tradizionali di sepoltura (in particolare per effetto della cremazione) o anche tendenze a seppellimenti esterni al cimitero.
3) Quali politiche adottare per il mercato funebre, alla luce del sempre più avvertibile disinteresse del livello politico locale sulla funzione svolta dai servizi funebri pubblici, ma anche per la grande attenzione alla ritualità dell’ultimo saluto, sia esso religioso o laico.
4) Quali competenze ed alleanze mettere in campo. È infatti impensabile procedere ad un riassetto strutturale importante senza garantirsi il know how, i capitali ed il consenso necessario.
5) Quale livello di risorse economiche e finanziarie per la gestione cimiteriale le città di maggiori dimensioni del Paese saranno disposte a garantire per il futuro. Questo sia in termini di investimenti, che di spesa corrente, tenendo conto della instabilità prevista nel futuro per la concomitanza sia della crescita della cremazione, sia per la scadenza di rilevanti quantità di concessioni di loculi, assegnati negli anni sessanta e settanta.
6) Quale livello di tariffe cimiteriali si è disposti a sostenere come indispensabile, e quanta parte di esse canalizzare nel miglioramento o solo nel mantenimento dei cimiteri e delle strutture di ritualità, a detrimento della quota complessiva che ogni famiglia è mediamente disponibile a spendere per ogni decesso (parte funebre più parte cimiteriale).
7) Quali strumenti formativi mettere in campo per consentire che il personale operante nel settore funebre e cimiteriale sia all’altezza delle nuove richieste qualitative e quantitative di servizio.
2. Il sistema delle imprese pubbliche operanti sul territorio
La dimensione economica del settore funerario italiano per l’intero territorio nazionale, sulla base di una mortalità media pari a 550.00 decessi annui, viene stimata in circa 2.500 milioni di euro annui, di cui circa la metà per onoranze e trasporti funebri.
Mancano statistiche ufficiali sulla evoluzione dei prezzi effettivi.
Il servizio necroscopico e cimiteriale e quello di trasporto funebre sono considerati servizi obbligatori per i Comuni e sono diffusi capillarmente sul territorio nazionale. La stima del numero di cimiteri esistenti è pari a 15.384.
La proprietà dei cimiteri e dei crematori in Italia è, per la quasi totalità, del Comune: i cimiteri essendo demaniali per effetto dell’articolo 824 del codice civile; i crematori per la riserva di legge di cui all’articolo 6 della L. 30/3/2001. La loro gestione è svolta spesso in economia diretta ed in alcune città (medio grandi) con azienda speciale o con SPA partecipate dagli enti locali, generalmente multiservizi.
Si sta diffondendo, partendo dai Comuni di minori dimensioni, anche la gestione a mezzo terzi, soprattutto con l’appalto di manutenzione, verde, operazioni cimiteriali, o in affidamento (illuminazione elettrica votiva, cremazione). Crescono le richieste di ricorso al project financing.
Vi è la enorme problematica della gestione dei servizi mortuari delle strutture sanitarie, dove di fatto è assente la libera concorrenza in gran parte del Paese.
Nel campo della cremazione la gestione pubblica diretta è stimata in almeno il 60% dell’intero complesso di cremazioni italiane, pari nel 2006 a circa 53.000.
Nel campo funebre le imprese operanti sono circa 6.000, di cui poco meno di 4.000 con prevalenza o intera attività di settore. Di queste ultime, circa 1.500 sono organicamente strutturate e specializzate.
È quindi una struttura polverizzata, basata principalmente sulla piccola impresa familiare, tranne nelle medie e grandi città, dove si hanno concentrazioni più significative.
Per le pompe funebri, la gestione pubblica – per lo più attraverso Spa maggioritarie o gestioni in economia diretta – interviene circa nel 5% del totale dei servizi.
Nelle aree metropolitane e nei grandi comuni la incidenza della gestione pubblica cresce, laddove presente, ad una media del 15-20%, con punte del 60-70%.
Per i trasporti funebri l’incidenza della gestione pubblica diretta, per l’intero Paese, è stimata nel 8%, in diminuzione per la perdita della privativa nel settore del trasporto funebre a pagamento e la liberalizzazione che è intervenuta anche a seguito di pronunciamenti dell’Antitrust e di costante giurisprudenza.
Una ricognizione sintetica e parziale della presenza pubblica è in allegato 1.
Da essa si può dedurre che l’esperienza funebre è soprattutto concentrata nel Nord del Paese, con la maggiore diffusione in 3 regioni (Emilia Romagna, Friuli Venezia Giulia, Trentino Alto Adige), mentre per classe demografica nelle città di grandi e medie dimensioni.
Laddove si ha una presenza di impresa pubblica operante la quota di mercato acquisita è particolarmente rilevante.
Il segmento qualitativo di mercato occupato è generalmente il medio basso. In diverse imprese pubbliche si è fatta la scelta dell’offerta integrale e cioè su tutta la gamma dei prodotti e servizi e quindi dall’economico al lusso.
3. Fare sistema
Nel settore funebre, si pensa possano essere 4 le diverse strategie che le proprietà (comunali dirette o indirette) possono identificare:
a) vendita del ramo d’impresa funebre;
b) accordi societari con altre imprese funebri operanti in loco;
c) crescita dimensionale in area regionale (espansione orizzontale del business) con scambi di quote societarie;
d) costituzione di una rete sovraregionale a partecipazione pubblica.
La problematica è squisitamente politica, oltre che economica, per la notevole caratterizzazione di servizio sociale dei cimiteri e il forte radicamento dei servizi funebri pubblici:
- se infatti prevale l’obiettivo di continuare a mantenere un ruolo moralizzatore e calmieratore, svolto con successo fino ad ora dalla società pubblica nel settore funebre, la strada obbligata, per effetto delle diseconomie di scala determinabili dall’obbligo della separazione societaria imposta tra mercati contigui in concorrenza (funebre) e in monopolio (cimiteri), non può essere che la integrazione orizzontale con altre realtà soprattutto pubbliche;
- se invece l’obiettivo principale è quello di ottenere la massimizzazione del profitto, la strada quasi obbligata, essendo il settore funerario sempre meno percepito dal livello politico come di utilità per la collettività, diventa la vendita del ramo di azienda (funebre) al miglior offerente;
- se infine l’obiettivo è quello dell’intesa locale tra gli operatori del funebre, il rischio è elevato, in quanto si determinerebbero condizioni potenzialmente censurabili dall’Antitrust o comunque mercati aggredibili da un qualunque nuovo soggetto che voglia intervenire in questo business o anche da quegli imprenditori che non entrino nel patto di limitazione della concorrenza. In ogni caso il Comune determina proprio le condizioni contrarie a quelle per le quali è intervenuto fino ad allora e cié la consegna di un mercato a monopolisti di fatto o oligopolisti funebri privati.
Una strategia globale che cerchi di cogliere il meglio tra le varie ipotesi sopra esposte per il settore funebre, senza dimenticarsi di quello cimiteriale e della necessità di garantire trasparenza di mercato, pur nella evoluzione normativa in essere, potrebbe essere la seguente:
a) si individuano 3 distinti ambiti di azione, in cui operare con strumenti sovraregionali: cimiteriale (comprendendovi anche la cremazione e l’illuminazione votiva), funebre (comprendendovi anche tutto ciò che è collaterale, svolto in concorrenza, come il marmoreo), necroscopico (gestione servizi mortuari, obitori, depositi di osservazione);
b) l’ambito gestionale cimiteriale può operare anche assieme a quello necroscopico, laddove non intervengano soluzioni legislative che impongano forme gestionali obbligatorie;
c) L’ambito funebre opera in concorrenza e separatamente (dal punto di vista societario) da quello cimiteriale e necroscopico e attraverso una rete di presenze nel centro Nord del Paese, estendendosi alle zone scoperte e di maggiore interesse. Le diverse entità locali mantengono una quota societaria pubblica (se di interesse della proprietà cedente), minoritaria rispetto al controllo operato da una holding sovraregionale.
d) Si hanno 2 holding sovraregionali, una operante in ambito funebre, l’altra, distinta, in ambito cimiteriale e necroscopico.
e) L’ambito cimiteriale può privilegiare la forma di gestione dell’in house providing, finché resta percorribile. Cessata la opportunità della gestione in house providing è necessario anche in questo caso costituire un soggetto che operi su scala sovraregionale e partecipi a gara per l’acquisizione di gestioni. L’ambito funebre privilegia la modalità di gestione con società di capitali, avulsa dal concetto di pubblico servizio (quindi di diritto comune).
f) E’ solo dopo aver costituito la holding sovraregionale in ambito funebre che si prevede la cessione di quote societarie minoritarie della stessa holding. In tale maniera il valore delle attuali partecipazioni societarie in imprese funebri pubbliche locali si arricchisce da un sistema in rete, ambito da grandi players internazionali o da investitori finanziari.
Inoltre si rende necessario riportare nel loro alveo (istituzionale) tutte quelle competenze autorizzatorie, regolamentari e di indirizzo che oggi potrebbero essere disperse nelle strutture gestionali. Anche in questo caso si potrebbero determinare economie di scala facendo ricorso a soluzioni come il consorzio di funzioni.
4. Le modalità gestionali
I veicoli ideali per procedere negli interventi ipotizzati sono:
1) 1 Spa operante nell'area Centro Nord, nel campo cimiteriale (CIM_IT Spa) controllata in modo totalitario dai Comuni, laddove intervenga con forma di gestione in house providing;
2) 1 Spa (FUN_IT Spa), prevista dal codice civile (e quindi non come affidataria di pubblico servizio), operante nel settore funebre e in concorrenza in genere (pompe funebri, sale del commiato, fiori, marmi, ecc.) con diverse sedi nel centro e Nord del Paese, in cui canalizzare fin da subito operatori funebri soprattutto pubblici, ma anche privati disponibili e in grado di fornire adeguate garanzie di trasparenza. La Spa è aperta alla partecipazione/cessione di quote a capitale privato, ma minoritario.
3) 1 un consorzio di funzioni tra comuni disponibili, per svolgere funzioni autorizzatorie, di indirizzo e controllo, ove le funzioni in materia possano essere consorziate (conviene pertanto che non siano funzioni di stato civile);
La necessità della presenza diretta dei Comuni nel capitale di CIM_IT Spa deriva dall’applicazione del meccanismo dell’affidamento in house delle gestioni in monopolio (ove la normativa dei servizi pubblici locali e/o quella di settore in fieri lo consentano).
Con un sistema di questo genere il problema iniziale maggiore, oltre alla espressione delle diverse volontà politiche, è la individuazione dei valori delle quote dei singoli Comuni, influenzati dal diverso MOL di ciascuna realtà, frutto a loro volta di diverse scelte tariffarie, diverse modalità organizzative, strutture cimiteriali variabili (concentrate, disperse), ecc..
Pertanto la soluzione più efficace consiste nella costituzione di una società veicolo capace di catalizzare il processo, in cui aggregare man mano che pervengano le decisioni associative, i soggetti interessati ad entrare in compagine societaria. La società potrebbe già essere un veicolo interessante per cogliere nuove opportunità di insediamento.
Attendere invece la costituzione della holding dopo la espressione di volontà (generalmente pubbliche) si ritiene faccia nascere il progetto “già morto”, per la naturale vischiosità dei processi decisionali in ambito pubblico.
Occorre inoltre essere consapevoli che occorre cambiare la politica tariffaria nel medio termine per consentire che ciascuno dei settori (funebre, cimiteriale, necroscopico) si autosostenti economicamente e sia capace di produrre valore.
Occorre fissare delle regole economiche che delimitino la redditività nei due ambiti (ad es. tra il 3 ed il 6% nel settore cimiteriale e tra il 7,5 ed il 12,5% in quello funebre) per garantire una presenza nel mercato effettivamente di calmiere.
1. Effetti del mutamento del quadro normativo esistente
a) E’ prevedibile che l’AC 772 – riforma dei servizi pubblici – proceda il proprio iter parlamentare come collegato alla finanziaria. Se così fosse gli effetti sulle public utilities possono essere rilevanti, sulla base del testo noto.
b) Il parere dell’Antitrust del 23/5/2007 sulla separazione tra attività in monopolio e attività in concorrenza nel settore funerario produrrà effetti di indirizzo sulle norme in emanazione. In particolare si prevedono aggiustamenti considerevoli della impostazione già contenuta nell’AS 504, che determineranno ricadute negative soprattutto per le gestioni funebri in concorrenza del settore pubblico ([1]).
c) Prevedibilmente entro il secondo semestre del 2008 verrà approvato l’AC 1268 (concernente la cremazione) prima alla Camera e poi al Senato.
Tra gli assi portanti del provvedimento di settore AS 504 (riforma settore funerario, già anticipata in alcune regioni con leggi regionali) vi è la separazione societaria tra attività svolte in libera concorrenza e attività in cui si ha una influenza dominante per situazioni di monopolio di diritto o di fatto (nella fattispecie tra attività cimiteriali istituzionali e attività funebri e cimiteriali commerciali).
La norma è però già vigente, anche se in modo ermetico, per effetto dell’articolo 8 della L. 287/1990, come modificato dall’ articolo 11, comma 3 della L. 57/2001 ([2]).
Inoltre la normativa di settore, ove accolta nel testo presentato al Senato, prevede la separazione proprietaria tra chi gestisce servizi mortuari ed esercenti l’attività funebre, e per l’Antitrust occorrerebbe la separazione proprietaria anche tra settore funebre e cimiteriale.
Viene privilegiata la cremazione e la pianificazione dei crematori oltre che delle aree cimiteriali.
Il trasporto funebre diventa attività libero concorrenziale e la relativa privativa, oltre che essere condannata dall’Antitrust, sarà vietata dalla legge.
Le scelte politiche di fondo diventano quindi le seguenti:
1) Quali politiche mettere in campo per garantire una scelta equilibrata e “governata” fra le diverse forme di sepoltura, privilegiando l’ottica del mantenimento della funzionalità rassicurante del cimitero per la nostra società.
2) Quali strumenti gestionali utilizzare e quale livello di competizione consentire in un mercato attualmente proprio del comune come quello cimiteriale, ma che si è già aperto in ampie aree del Paese (soprattutto al Centro e al Sud e Isole) a nuove forme gestionali private (project financing). Sono pure da valutare gli effetti dei cambiamenti tradizionali di sepoltura (in particolare per effetto della cremazione) o anche tendenze a seppellimenti esterni al cimitero.
3) Quali politiche adottare per il mercato funebre, alla luce del sempre più avvertibile disinteresse del livello politico locale sulla funzione svolta dai servizi funebri pubblici, ma anche per la grande attenzione alla ritualità dell’ultimo saluto, sia esso religioso o laico.
4) Quali competenze ed alleanze mettere in campo. È infatti impensabile procedere ad un riassetto strutturale importante senza garantirsi il know how, i capitali ed il consenso necessario.
5) Quale livello di risorse economiche e finanziarie per la gestione cimiteriale le città di maggiori dimensioni del Paese saranno disposte a garantire per il futuro. Questo sia in termini di investimenti, che di spesa corrente, tenendo conto della instabilità prevista nel futuro per la concomitanza sia della crescita della cremazione, sia per la scadenza di rilevanti quantità di concessioni di loculi, assegnati negli anni sessanta e settanta.
6) Quale livello di tariffe cimiteriali si è disposti a sostenere come indispensabile, e quanta parte di esse canalizzare nel miglioramento o solo nel mantenimento dei cimiteri e delle strutture di ritualità, a detrimento della quota complessiva che ogni famiglia è mediamente disponibile a spendere per ogni decesso (parte funebre più parte cimiteriale).
7) Quali strumenti formativi mettere in campo per consentire che il personale operante nel settore funebre e cimiteriale sia all’altezza delle nuove richieste qualitative e quantitative di servizio.
2. Il sistema delle imprese pubbliche operanti sul territorio
La dimensione economica del settore funerario italiano per l’intero territorio nazionale, sulla base di una mortalità media pari a 550.00 decessi annui, viene stimata in circa 2.500 milioni di euro annui, di cui circa la metà per onoranze e trasporti funebri.
Mancano statistiche ufficiali sulla evoluzione dei prezzi effettivi.
Il servizio necroscopico e cimiteriale e quello di trasporto funebre sono considerati servizi obbligatori per i Comuni e sono diffusi capillarmente sul territorio nazionale. La stima del numero di cimiteri esistenti è pari a 15.384.
La proprietà dei cimiteri e dei crematori in Italia è, per la quasi totalità, del Comune: i cimiteri essendo demaniali per effetto dell’articolo 824 del codice civile; i crematori per la riserva di legge di cui all’articolo 6 della L. 30/3/2001. La loro gestione è svolta spesso in economia diretta ed in alcune città (medio grandi) con azienda speciale o con SPA partecipate dagli enti locali, generalmente multiservizi.
Si sta diffondendo, partendo dai Comuni di minori dimensioni, anche la gestione a mezzo terzi, soprattutto con l’appalto di manutenzione, verde, operazioni cimiteriali, o in affidamento (illuminazione elettrica votiva, cremazione). Crescono le richieste di ricorso al project financing.
Vi è la enorme problematica della gestione dei servizi mortuari delle strutture sanitarie, dove di fatto è assente la libera concorrenza in gran parte del Paese.
Nel campo della cremazione la gestione pubblica diretta è stimata in almeno il 60% dell’intero complesso di cremazioni italiane, pari nel 2006 a circa 53.000.
Nel campo funebre le imprese operanti sono circa 6.000, di cui poco meno di 4.000 con prevalenza o intera attività di settore. Di queste ultime, circa 1.500 sono organicamente strutturate e specializzate.
È quindi una struttura polverizzata, basata principalmente sulla piccola impresa familiare, tranne nelle medie e grandi città, dove si hanno concentrazioni più significative.
Per le pompe funebri, la gestione pubblica – per lo più attraverso Spa maggioritarie o gestioni in economia diretta – interviene circa nel 5% del totale dei servizi.
Nelle aree metropolitane e nei grandi comuni la incidenza della gestione pubblica cresce, laddove presente, ad una media del 15-20%, con punte del 60-70%.
Per i trasporti funebri l’incidenza della gestione pubblica diretta, per l’intero Paese, è stimata nel 8%, in diminuzione per la perdita della privativa nel settore del trasporto funebre a pagamento e la liberalizzazione che è intervenuta anche a seguito di pronunciamenti dell’Antitrust e di costante giurisprudenza.
Una ricognizione sintetica e parziale della presenza pubblica è in allegato 1.
Da essa si può dedurre che l’esperienza funebre è soprattutto concentrata nel Nord del Paese, con la maggiore diffusione in 3 regioni (Emilia Romagna, Friuli Venezia Giulia, Trentino Alto Adige), mentre per classe demografica nelle città di grandi e medie dimensioni.
Laddove si ha una presenza di impresa pubblica operante la quota di mercato acquisita è particolarmente rilevante.
Il segmento qualitativo di mercato occupato è generalmente il medio basso. In diverse imprese pubbliche si è fatta la scelta dell’offerta integrale e cioè su tutta la gamma dei prodotti e servizi e quindi dall’economico al lusso.
3. Fare sistema
Nel settore funebre, si pensa possano essere 4 le diverse strategie che le proprietà (comunali dirette o indirette) possono identificare:
a) vendita del ramo d’impresa funebre;
b) accordi societari con altre imprese funebri operanti in loco;
c) crescita dimensionale in area regionale (espansione orizzontale del business) con scambi di quote societarie;
d) costituzione di una rete sovraregionale a partecipazione pubblica.
La problematica è squisitamente politica, oltre che economica, per la notevole caratterizzazione di servizio sociale dei cimiteri e il forte radicamento dei servizi funebri pubblici:
- se infatti prevale l’obiettivo di continuare a mantenere un ruolo moralizzatore e calmieratore, svolto con successo fino ad ora dalla società pubblica nel settore funebre, la strada obbligata, per effetto delle diseconomie di scala determinabili dall’obbligo della separazione societaria imposta tra mercati contigui in concorrenza (funebre) e in monopolio (cimiteri), non può essere che la integrazione orizzontale con altre realtà soprattutto pubbliche;
- se invece l’obiettivo principale è quello di ottenere la massimizzazione del profitto, la strada quasi obbligata, essendo il settore funerario sempre meno percepito dal livello politico come di utilità per la collettività, diventa la vendita del ramo di azienda (funebre) al miglior offerente;
- se infine l’obiettivo è quello dell’intesa locale tra gli operatori del funebre, il rischio è elevato, in quanto si determinerebbero condizioni potenzialmente censurabili dall’Antitrust o comunque mercati aggredibili da un qualunque nuovo soggetto che voglia intervenire in questo business o anche da quegli imprenditori che non entrino nel patto di limitazione della concorrenza. In ogni caso il Comune determina proprio le condizioni contrarie a quelle per le quali è intervenuto fino ad allora e cié la consegna di un mercato a monopolisti di fatto o oligopolisti funebri privati.
Una strategia globale che cerchi di cogliere il meglio tra le varie ipotesi sopra esposte per il settore funebre, senza dimenticarsi di quello cimiteriale e della necessità di garantire trasparenza di mercato, pur nella evoluzione normativa in essere, potrebbe essere la seguente:
a) si individuano 3 distinti ambiti di azione, in cui operare con strumenti sovraregionali: cimiteriale (comprendendovi anche la cremazione e l’illuminazione votiva), funebre (comprendendovi anche tutto ciò che è collaterale, svolto in concorrenza, come il marmoreo), necroscopico (gestione servizi mortuari, obitori, depositi di osservazione);
b) l’ambito gestionale cimiteriale può operare anche assieme a quello necroscopico, laddove non intervengano soluzioni legislative che impongano forme gestionali obbligatorie;
c) L’ambito funebre opera in concorrenza e separatamente (dal punto di vista societario) da quello cimiteriale e necroscopico e attraverso una rete di presenze nel centro Nord del Paese, estendendosi alle zone scoperte e di maggiore interesse. Le diverse entità locali mantengono una quota societaria pubblica (se di interesse della proprietà cedente), minoritaria rispetto al controllo operato da una holding sovraregionale.
d) Si hanno 2 holding sovraregionali, una operante in ambito funebre, l’altra, distinta, in ambito cimiteriale e necroscopico.
e) L’ambito cimiteriale può privilegiare la forma di gestione dell’in house providing, finché resta percorribile. Cessata la opportunità della gestione in house providing è necessario anche in questo caso costituire un soggetto che operi su scala sovraregionale e partecipi a gara per l’acquisizione di gestioni. L’ambito funebre privilegia la modalità di gestione con società di capitali, avulsa dal concetto di pubblico servizio (quindi di diritto comune).
f) E’ solo dopo aver costituito la holding sovraregionale in ambito funebre che si prevede la cessione di quote societarie minoritarie della stessa holding. In tale maniera il valore delle attuali partecipazioni societarie in imprese funebri pubbliche locali si arricchisce da un sistema in rete, ambito da grandi players internazionali o da investitori finanziari.
Inoltre si rende necessario riportare nel loro alveo (istituzionale) tutte quelle competenze autorizzatorie, regolamentari e di indirizzo che oggi potrebbero essere disperse nelle strutture gestionali. Anche in questo caso si potrebbero determinare economie di scala facendo ricorso a soluzioni come il consorzio di funzioni.
4. Le modalità gestionali
I veicoli ideali per procedere negli interventi ipotizzati sono:
1) 1 Spa operante nell'area Centro Nord, nel campo cimiteriale (CIM_IT Spa) controllata in modo totalitario dai Comuni, laddove intervenga con forma di gestione in house providing;
2) 1 Spa (FUN_IT Spa), prevista dal codice civile (e quindi non come affidataria di pubblico servizio), operante nel settore funebre e in concorrenza in genere (pompe funebri, sale del commiato, fiori, marmi, ecc.) con diverse sedi nel centro e Nord del Paese, in cui canalizzare fin da subito operatori funebri soprattutto pubblici, ma anche privati disponibili e in grado di fornire adeguate garanzie di trasparenza. La Spa è aperta alla partecipazione/cessione di quote a capitale privato, ma minoritario.
3) 1 un consorzio di funzioni tra comuni disponibili, per svolgere funzioni autorizzatorie, di indirizzo e controllo, ove le funzioni in materia possano essere consorziate (conviene pertanto che non siano funzioni di stato civile);
La necessità della presenza diretta dei Comuni nel capitale di CIM_IT Spa deriva dall’applicazione del meccanismo dell’affidamento in house delle gestioni in monopolio (ove la normativa dei servizi pubblici locali e/o quella di settore in fieri lo consentano).
Con un sistema di questo genere il problema iniziale maggiore, oltre alla espressione delle diverse volontà politiche, è la individuazione dei valori delle quote dei singoli Comuni, influenzati dal diverso MOL di ciascuna realtà, frutto a loro volta di diverse scelte tariffarie, diverse modalità organizzative, strutture cimiteriali variabili (concentrate, disperse), ecc..
Pertanto la soluzione più efficace consiste nella costituzione di una società veicolo capace di catalizzare il processo, in cui aggregare man mano che pervengano le decisioni associative, i soggetti interessati ad entrare in compagine societaria. La società potrebbe già essere un veicolo interessante per cogliere nuove opportunità di insediamento.
Attendere invece la costituzione della holding dopo la espressione di volontà (generalmente pubbliche) si ritiene faccia nascere il progetto “già morto”, per la naturale vischiosità dei processi decisionali in ambito pubblico.
Occorre inoltre essere consapevoli che occorre cambiare la politica tariffaria nel medio termine per consentire che ciascuno dei settori (funebre, cimiteriale, necroscopico) si autosostenti economicamente e sia capace di produrre valore.
Occorre fissare delle regole economiche che delimitino la redditività nei due ambiti (ad es. tra il 3 ed il 6% nel settore cimiteriale e tra il 7,5 ed il 12,5% in quello funebre) per garantire una presenza nel mercato effettivamente di calmiere.
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